Episodio 3 - " Il ladro di piedi"
 

 
Le luci dell’alba, anzi, di mezzo giorno, svegliarono un Bon più interdetto del solito. Subito controllò l’ora sul suo comodino sveglia, uno dei primi regali fattogli dal caro amico, l’ingegner Carpa.

- Accidenti com’è tardi! –

Esclamò tra sé.

- Mi devo sbrigare –

Per anticipare la sua ripresa di conoscenza, mise la testa dentro il freezer, ma purtroppo si riaddormentò. Dopo un paio di ore si risvegliò con la testa imprigionata in un grosso cubo di ghiaccio. Aveva fuori solo il naso per respirare. D’istinto agguantò la 38 a tripla canna e fece fuoco su se stesso. Riuscì a frantumare il ghiaccio, ma abbatté di netto la parete che confinava con l’appartamento del suo terribile vicino: il signor Protest.
- Guardi che cosa ha combinato! Imbecille! Mi stavo godendo la mia vasca nuova -

Urlò il signor Protest dalla vasca da bagno piena di calcinacci. I pezzi di muro, a contatto con l’acqua bollente, si sciolsero per poi solidificarsi, stringendo il signor Protest in una morsa mortale.

- Aaaahh!!! –

Stava urlando Protest in preda al panico ed al dolore, mentre Bon, avvicinatosi gli domandò:

- Che tipo di bagno schiuma usa? Per uomini duri? –
- Aurg…Aaahh! –

Continuava ad urlare Protest agitando la testa, l’unica parte del corpo che gli restava libera.

- Non si preoccupi signor Protest. Conosco un buon muratore, ora lo chiamo. Vedrà! Le
farà un buon prezzo –
- Aurg….Maledett…OoooH...Uccid.... _ 

In quel mentre, nell’appartamento di Bon squillò il telefono. Era Cooper, lo avvertiva che avevano scoperto un secondo delitto, in pratica analogo al precedente e lo esortava a raggiungerli.

- Avrei un problemino…Ci sarebbe il mio vicino murato vivo nella vasca da bagno –
- Cosa! Smettila con queste battute e raggiungici subito! –
- Va bene, arrivo –

Bon riattaccò, s’infilò l’impermeabile e si rivolse all’agonizzante vicino salutandolo:

- Devo proprio scappare signor Protest. Mi raccomando! Pulisca bene tutto quando ha 
finito…Buon bagno! –

E se ne andò dimenticandosi di telefonare all’amico muratore.

- Aurg…Aaahh…Maledett…Me la pagh… Aurg.. –

Ricambiò il saluto il signor Protest.
Bon arrivò sul luogo del secondo omicidio: una squallida bettola di Harlem, gestita da un vecchio messicano di nome Pedro Corona e da sua moglie Lolita Gonzales. La vittima era uno squattrinato ladro, che a volte collaborava con noti esponenti della malavita locale.
Si chiamava Jack Peck ed ora era steso sul pavimento senza i piedi. Lolita Gonzales, stava giurando al sergente Coyote d’averlo visto aggirarsi per la locanda in pantofole solo qualche ora prima dell’omicidio. Queste erano sparite, il mistero s’infittiva e a Bon tornavano in mente gli avvenimenti della notte precedente. Aveva un solo dubbio:

- Ma è successo veramente oppure ho sognato? –

Sussurrò tra sé massaggiandosi energicamente il collo.

- Come dici Bon? –

Domandò Coyote, intento nel convincere Corona a levarsi il gigantesco sombrero che portava in testa e che oscurava l’intera minuscola stanza.

- Stavo pensando a voce alta –

Rispose assorto Billy.

- A cosa?…E lei, si tolga questo dannato sombrero! Non abbiamo luce sufficiente per 
prendere le impronte –
- Ah..Ah..Ah..Buenos –

Finalmente Corona si tolse il sombrero, scoprendo così un testone di capelli riccioli, impastati di sudore e puzzolenti, che oscurava forse ancor più tutto l’ambiente.

- Vada fuori!! –

Urlò Coyote.

- O le faccio lo scalpo! –
- Bueno…Bueno.. –

Il vecchio Messicano uscì saltellando. 

- Che razza di gente c’è in giro –

Commentò Cooper chinato ad osservare le orribili amputazioni inflitte al cadavere.

- Ultimamente io ne ho visti anche di peggio –

Puntualizzò Bon, che poi raccontò ai due amici l’incredibile avvenimento della notte precedente.

- Avrai bevuto più whisky del solito –

Gli disse Cooper una volta finito il racconto.

- Hai di sicuro sognato Billy –

Lo consolò Coyote.

- A volte capita, specialmente quando si è esausti, di fare sogni tanto intensi da 
confonderli con la realtà –
- Accidenti! Sembrava davvero tutto così reale. Io con quel Samurai ho parlato, mi ha
detto delle cose….Non lo so, non lo so…-
- L’unica cosa reale qui, è che abbiamo a che fare con questo ladro di piedi. Credo che 
si possa affermare ormai con certezza, che siamo di fronte ad un nuovo serial killer –

Sentenziò definitivamente Cooper, indicando il cadavere di Peck, mentre veniva sollevato e riposto in uno speciale contenitore per il trasporto all’obitorio.
Il giorno seguente, Due Prêt, se ne stava seduto comodamente nel salone della sua villa, ad ascoltare musica ed a leggere il Gazzettino Newyorkese. Notò uno strano articolo che parlava di un possibile serial killer, che amputava i piedi alle sue vittime e li rubava insieme alle ciabatte. Questo articolo lo colpì molto.

- Devo ricordarmi di chiedere lumi a Mafelica in riguardo-

Pensò tra sè. Qualche pagina dopo, lesse l’articolo che riguardava il Samurai comparso per le strade di New York giorni prima e che ora sembrava scomparso nel nulla.
Tutto questo spinse Due Prêt a riconsiderare il suo viaggio in Giappone e lo strano furto delle ciabatte nella fortezza di Lamaoba. A New York ora si aggirava un serial killer che uccideva e poi rubava ciabatte ed un fantomatico Samurai: mah !
IL sistema d’allarme esterno si mise in funzione. Da alcuni monitor Du Prêt vide all’ingresso del parco principale, la limousine di Ser Block in sosta. Ser Block era un aristocratico di origine europea, storico e amante dei miti antichi, nonché assiduo acquirente dei pezzi pregiati, trafugati dall’abile ladro, negli angoli più remoti del mondo.
Block varcò la soglia del salotto sfoggiando il suo consueto sorriso smagliante.

- Buon giorno a voi, buon giorno a voi –

Salutò.

- Ma se ci sono solo io –
- Appunto… e scusi il ritardo –
- Ma se l’aspettavo tra un’ora –
- Appunto –
- Ma! –

Disinvolto, Ser Block, aprì il frigo bar del salotto e si rivolse a Du Prêt.
- Che cosa le verso? –
- Veramente, questo compito spetterebbe a me –
- Appunto –
- Ma! –

Du Prêt si accomodò e Ser Block gli porse un bicchiere completamente vuoto.

- Ma cosa significa!? –

Esclamò il Francese al limite della pazienza.

- Non ha affermato che questo compito spetta a lei? –
- Quale compito? –
- Ma di versare no! –

Du Prêt avrebbe voluto cacciare quel pazzo a pedate, ma pagava troppo bene e inoltre, era uno dei pochi che si fidava a comprare la sua merce dalla provenienza assai dubbia, perciò, andava bene così.

- Allora, allora, allora –
- Allora cosa? –
- Vediamo, vediamo –
- Mi segua, su! -

Du Prêt accompagnò Ser Block di fronte alle vetrinette contenenti i frutti preziosi dei suoi ultimi colpi.

- Questa è la mela d’oro massiccio rubata nella casa di Lord Meloni Quarto –
- Mi compiaccio e non mi dispiace –
- Ah!…Questa è la famosa pipa d’avorio appartenuta ad Abramo Lincoln –
- Mi compiaccio…Però, però….Però! –

Du Prêt passò d’innanzi alle ciabatte di Cato Hou ignorandole.

- E quelle!? Che cosa sono? -
- Niente, un furto su commissione, niente d’importante –
- Vorrei vederle per favore, se me lo concede, in codest’istante, se non disturb… -
- Va bene, va bene! –

Replicò stizzito Du Prêt. Estrasse le ciabatte e le porse con delicatezza assoluta nelle mani del bizzarro aristocratico. A questi gli s’infiammarono gli occhi. Poi,fissò con espressione sconvolta Arsenio.

- Non è possibile, è un sogno! –

Sussurrò tra sé ancora incredulo, acquistando una serietà ed una sobrietà insospettate in un personaggio come lui.

- Dove le ha rubate? –
- In una fortezza su di un’isola –
- Devo sedermi –
Il vecchio aristocratico si adagiò su di una poltrona, continuando a fissare i preziosi cimeli del passato.

- Queste ciabatte non dovrebbero esistere, se ne rende conto? -

Du Prêt ascoltava, affascinato dalla metamorfosi dello stravagante personaggio.

- Sono una leggenda, le regine di tutti i miti, carissimo Arsenio. Sono l’anticamera per il 
lato orientale del cielo: il “Duat”, il regno dei morti. Guardi queste incisioni sui lati, questa è Sirio, questa è la costellazione di Orione –
- Ma cosa significa? –
- Astrologia, sono coordinate disegnate nel cielo. Guardi come si legge distinta la posizione di regolo rispetto alla costellazione del leone. Sono miti che tornano dalla notte dei tempi. La figura di Horakhti, risale a più di quattromila anni or sono e forse è anche più antica –
- Ma di cosa stiamo parlando esattamente? –
- Aaaahh!!! –

La poltrona, su cui era seduto Ser Block, si era improvvisamente come animata e lo stava stritolando con i suoi braccioli.

- Aaaahhh!! –

Il monocolo, con il quale il vecchio stava studiando le incisioni sulle ciabatte, schizzò sul tappeto del salotto, seguito quasi subito dallo stesso anziano aristocratico, privo di vita.

- Mafelica! Vieni fuori! –

Urlava saturo di rabbia Du Prêt. La strega si manifestò in un mezzo busto romano.

- Sono qui, caro Du Prêt –
- Ti rendi conto di quello che hai fatto? Quell’uomo era una celebrità nel suo campo… Avremo dei problemi per questo –
- Avremo?! Avrai! –
- Come sarebbe a dire? –
- Sarebbe a dire che la nostra collaborazione finisce qui, in questo preciso momento.. e ringrazia il cielo che mi sei simpatico, altrimenti avresti fatto la fine del tuo importante amico –
- Ma non è possibile! Lui mi stava rivelando qualcosa di prezioso e tu hai fatto in modo di farlo tacere per sempre –
- E allora!? –
- Non credi che abbia diritto a qualche spiegazione? –
- In tutti questi anni non hai fatto che arricchirti grazie ai miei poteri. Ora che hai recuperato le ciabatte di Cato Hou, entrando nella fortezza di Lamaoba, dove a me era proibito entrare, siamo pari. Se riuscirai a risolvere questo piccolo problema del cadavere del tuo amico nel salotto, vivrai ricco e felice -
- Come mai non potevi entrare in quel posto?.. Tu puoi tutto –
- Basta con questi discorsi, è tempo che tu torni ad essere un uomo –
- Ma almeno fa sparire questo disgraziato dalla mia casa! –
- Ora te la dovrai cavare da solo –

Mafelica scomparve.
Quella stessa notte, il noto ricettatore Franck Koller, stava chiudendo il suo finto negozio di “vasi russi”, che in realtà nascondeva, nel retrobottega, il fulcro della sua vera e losca, attività. Dopo essersi assicurato di aver chiuso per bene tutto quanto, il grassoccio Koller, s’incamminò lungo il vialetto alberato che conduceva ad un gruppo isolato di case. Un vento gelido fischiava tra i rami degli alberi. A Koller non piaceva la periferia, d’inverno era misera e gelida ma purtroppo era costretto a viverci per nascondere la sua doppia attività.
Ma un giorno se ne sarebbe andato, n’era sicuro. Avrebbe racimolato la fortuna necessaria e si sarebbe scrollato dalle spalle, tutti quei parassiti che lo circondavano da sempre. Mentre era assorto in quei pensieri di fuga, fu raggiunto dal dolce suono velato di un tipico flauto giapponese. Koller decise di aumentare l’andatura, ma poco più avanti, vide comparire come dal nulla, una poderosa figura indistinta proprio in mezzo al viale.
Spaventato da quella comparsa tornò indietro. La strana figura ombrosa avanzava lentamente, continuando a suonare il suo flauto giapponese.
Raggiunto il negozio, Koller si affrettò a riaprire i vari lucchetti che sprangavano la porta d’ingresso. Nel fare ciò, fece cadere i suoi spessi e rotondi occhiali da vista e li schiacciò.

- Maledizione! –

Imprecò. Riuscì ad entrare appena in tempo, anticipando di un soffio il suo inseguitore.
Una volta dentro, nonostante l’oscurità e la vista tremendamente indebolita dalla perdita degli occhiali, riuscì a raggiungere agilmente il retrobottega ed a nascondersi all’interno di un grosso comò. Dopo pochi secondi, udì i passi di qualcuno che si aggirava nel locale. Chiunque fosse, accese la luce e si mise a rovistare tra le varie mercanzie rubate. Koller iniziò a sudare ed il vecchio comò, spesso si lasciava sfuggire qualche esile scricchiolio, che metteva ancor più in apprensione il losco ricettatore. Finalmente, dopo diversi minuti, Koller non sentì più alcun rumore. Lo strano individuo sorto dalla notte, sembrava proprio che se ne fosse andato. Non si fidava in ogni caso ad uscire allo scoperto. Venne però colto da violenti crampi improvvisi e così si lasciò rotolare fuori dal grande mobile esausto. 
Aveva la vista completamente annebbiata e quando una sagoma indistinta si chinò su di lui, questi, in preda al delirio, pensò di aver riconosciuto uno dei suoi abituali compagni di crimine.

- Ti aspettavo par domani Du Prêt…Che paura mi hai fatto prendere. Almeno hai 
messo in fuga quello sconosciuto dall’aspetto minaccioso –

Koller riuscì a mettersi seduto.

- Ora sono più tranquillo. Prova a vedere fuori se trovi i miei occhiali –
- Swiss! –

Sibilò nell’aria

- Aaaahhh! –

Gridò Koller.

- I miei piedi!! –

E svenne per il dolore.
Ciabatey rinfoderò la spada e riprese a guardarsi intorno con la speranza di trovare le famigerate ciabatte. Si rese subito conto di aver fallito di nuovo. Reso pazzo dalla collera, iniziò a sfasciare i preziosi oggetti contenuti nel locale, spaccava, spingeva, lanciava ogni cosa. Ad un tratto si ritrovò tra le mani una foto in cui Koller teneva amichevolmente un braccio sulle spalle di un tale. In basso vi era scritto qualcosa in inglese. Tomaiashi riconobbe immediatamente quel volto: era l’uomo di fumo comparso nel tempio, che gli aveva rubato le ciabatte dell’imperatore sotto il naso. Un brivido di rabbia lo scosse, finalmente un indizio. Mise la foto nella sua borsa ma, mentre si apprestava a finire il losco ricettatore, qualcuno entrò nel locale devastato ed urlò:

- Signor Koller…Mamma mia!! –

Ciabatey infranse una finestra e fuggì nella notte. Koller fu soccorso dal suo amico e vicino di casa Kevin Diventa, che poi chiamò un’ambulanza ed avvertì la polizia. Nel bosco, poco più lontano, Ciabatey stava evocando Paurosaki. Si trovava in preda al panico, non era riuscito ad eliminare Koller, che rischiava di diventare un possibile testimone. Quando aprì il piccolo contenitore dei Fushimi quadrati, ebbe un’altra spiacevole sorpresa: i Fushimi si erano ridotti a tre. Li lanciò ugualmente in aria e ne discesero solo due, il terzo stava nelle mani di una preoccupatissima Paurosaki. 

- Non ti rendi conto di quello che stai facendo! La tua collera contro ciò che è stato ti sta 
accecando. Stolto! Hai perduto il lume della ragione. Un sacro Fushimi si è consumato. Sono mesi che non compi un’azione valorosa. Come tutte le cose, anche i sacri Fushimi si consumano e devono essere rigenerati da atti nobili. Sai cosa capiterà quando ne resteranno solo due?… -
- Ma io… -
- Taci stolto! Perderò lentamente i miei poteri e non potrò più proteggerti. Tu morirai, ed io raggiungerò il lato orientale del cielo –
- Ma potente Paurosaki….. –
- Taci stolto! –
- Ma! –
- Taci stolto!! –

E scomparve continuando a ripetere quelle parole. Ciabatey, profondamente avvilito, alzò lo sguardo al cielo.

- Volevo chiedervi il significato di una frase che non comprendo, volevo mostrarvela –

Dal cielo tuonò una voce possente.

- Taci stolto!! Non sei più degno di chiedere, comunque quella frase vuol dire: “ il mio 
carissimo amico Arsenio Du Prêt…. Da ora riuscirai a comprendere la lingua di questo strano paese, ma bada, se non compirai presto un vero atto nobile, sarà la 
fine -

Una folata di vento sembrò porre l’accento su quelle parole, ed allo stesso tempo chiudere l’incantesimo.

- Le dico che era un giapponese! –

Insisteva intanto Kevin Diventa, sostenendo la sua versione dei fatti. Cooper e Coyote si aggiravano per il locale ispezionandolo, mentre Bon seguiva di persona l’interrogatorio. 

- Mi descriva l’uomo che ha visto –

Chiese Billy.

- Era un uomo possente, vestito di un ricamato kimono e dall’aspetto cupo e tenebroso. 
Ha presente i Samurai?-
- Certo! –
- Ecco, lui era così –
- Coincide tutto alla perfezione: è Okudera –
- Ma non avevi assicurato che era un Samurai buono? –

Intervenne Cooper.

- Con questo pazzo mondo non si può mai dire –
- E poi ho visto chiaramente che aveva un appariscente tatuaggio sulla fronte –
- Cosa!? –

Esclamò Bon stupito.

- Allora non è Okudera –
- Non ce ne sarà mica in giro un altro! –

Intervenne Coyote, mentre ammirava lo spinterogeno di un’auto sportiva.

- Non si ricorda che tipo di tatuaggio era? –
- Una stella brillante –
- Ah! –
- O forse un sole, anche se non so dirvi se calante o sorgente –
- Questo uomo è ancora scioccato per quello che ha visto, portatelo a casa sua, che sua moglie lo accudisca –

Sentenziò Cooper, che poi fece notare che in quel posto non vi erano ciabatte di nessun tipo da rubare. Mentre gli infermieri caricavano il corpo di Koller sull’ambulanza, i suoi piedi sul pavimento restavano un enigma per tutti.
Avevamo lasciato anche Du Prêt, diverse ore prima, in balia di un altro enigma: cosa gli voleva dire Ser Bock riguardo alle ciabatte che ora teneva tra le mani. Era deciso a scoprirlo. Come prima mossa, pensò di penetrare nell’archivio personale dell’aristocratico, e cercare così, di scoprire quello che non aveva fatto in tempo a rivelargli. In passato Du Prêt, anche senza l’aiuto di Mafelica, aveva portato a segno grossi colpi, grazie alle sue abili doti di trasformista. Nascose il cadavere di Ser Block nelle cantine e poi si recò nel suo laboratorio segreto. Lì, realizzò in breve tempo, una perfetta maschera dello stesso uomo. Con estrema cura la indossò, aggiustando gli ultimi particolari. Poco prima di uscire raccolse dal tappeto del salone il monocolo.

- Ora sono perfetto!… Non c’è nessun colpo impossibile per me, perché io sono
Arsenio Du Prêt !- 

Fuori, nel parco, il ladro trovò l’autista di Ser Block ad attenderlo. Questi, ignorando l’accaduto, mise in moto la Limousine ed uscì dall’enorme cancello elettrico.

- Dove la porto Ser? A casa oppure al circolo del Bridge? –

Du Prêt, che era un grande imitatore, rispose con grande sicurezza.

- A casa va bene, si prenda pure la libertà di una guida sportiva –
- Grazie Ser! –

Purtroppo Arsenio ignorava che l’autista, John Laudetti, aveva un passato di pilota Rally. L’auto impennò e s’infilò tra i boschi a velocità folle, mentre Laudetti si lasciava sfuggire secche risate da sbruffone. Dopo un’ora di questo martirio Du Prêt, con lo stomaco a pezzi gridò.

- Basta per carità! Rallenti!! –

Ma l’autista era come impazzito, accelerò voltandosi fiero verso Arsenio in cerca d’approvazione. Quella distrazione gli fu fatale. Non si accorse del sopraggiungere di un gigantesco e lentissimo trattore sulla sua corsia. L’impatto fu devastante. Laudetti infranse il parabrezza e fu scaraventato a più di un chilometro di distanza. Dal groviglio di lamiere, Du Prêt uscì praticamente illeso. Si lasciò scivolare dal ciglio della strada dentro un piccolo fossato, e da lì sgattaiolò via senza essere visto. Il contadino che guidava il trattore, anch’esso illeso, dopo numerose imprecazioni campagnole, scese dal mezzo per sincerarsi dei danni subiti. Il trattore era intatto. Si trattava, infatti, di un modernissimo modello d’origine sovietica: “Steppa d’acciaio”, un trattore super corazzato, a volte dotato anche d’armi e progettato per lavorare ore ed ore, anche senza conducente. Una vera e propria macchina da guerra e lavoro. Il contadino notò solo una piccola scalfittura nella vernice su di un lato.

- Però! –

Pensò.

- Questo trattore è stato un ottimo investimento –

Dopo essersi accertato delle condizioni del suo mezzo, il contadino si mise a cercare i superstiti tra i rottami fumanti della limousine. Sbalordito non trovò nessuno.

- C’è qualcuno!? –

Gridò.

- Ma dove diavolo siete finiti! -

Non ebbe alcuna risposta.

- Al diavolo, le mie mucche hanno bisogno di me. Me ne torno al lavoro –

Ma il contadino si era dimenticato d’impostare il trattore sulla posizione di “non lavoro”, così, scattato il tempo limite per la pausa, il trattore si azionò.
- Raoarrr! –
- Aaaahhh!! –

La pesante ruota, dal diametro di due metri e mezzo, lo investì in pieno maciullandolo.

- Splat! –

Il trattore impazzito, continuò la sua folle corsa lavorativa entrando nel giardino del Commendator J. Jeffry, arandoglielo completamente. Jeffry, nel vano tentativo di difendere la sua proprietà, cercò di opporsi lanciandogli la sdraio, sulla quale si stava riposando, sotto le gigantesche ruote. 

- Fermati dannato mostro! –

Il trattore azionò le lame taglia erba, triturò la sdraio ed investì in pieno Jeffry, trascinandolo con se nella profonda piscina, in un ultimo pazzesco abbraccio mortale. 
Lontano da quell’inferno, con i piedi nel fango, Du Prêt imprecava tra sé per l’accaduto. Per fortuna, la villa di Ser Block si trovava da quelle parti. Dopo una breve scarpinata la raggiunse. Ora doveva agire velocemente. La polizia, una volta ricostruito l’incidente e scoperto il proprietario della limousine, avrebbe iniziato le indagini. A quel punto lui doveva essere già al sicuro, lontano da lì. Inoltre, non era escluso che qualche agente avesse già contattato la villa durante il tempo trascorso.Decise quindi, per sicurezza, di entrare dal retro, continuando ad indossare la maschera di Ser Block nel caso di spiacevoli incontri. Penetrò agilmente nel parco. Non aveva fatto i conti però con i dobermann di guardia. Cinque cani enormi gli si avventarono contro, ma furono richiamati provvidenzialmente dal giardiniere proprio all’ultimo secondo.

- Boni….State boni –

Li richiamò l’uomo di chiara origine Italo-romana. Du Prêt si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.

- Mò ve spezzo le zampe…Li mortacci vostri…. A sor padrò, e che ce fate ner ber 
mezzo delle aiuole…Lasciate lavorà la tera a chi la sa lavorà…-

Du Prêt non capiva un accidenti di quello strano linguaggio. Indicò i cani facendo cenno al giardiniere di tenerli buoni.

- Nun se preoccupi, mò ce pensa Nino… Aoo, glie do quattro carote de quelle bone…Stia a vede –

Ma Arsenio non aveva tempo per dar retta a quell’energumeno, anche se gli aveva salvato la vita. Si avviò velocemente verso l’ingresso di servizio della villa.

- Che, nun parlate?.. A sor padrò….Aoo e che è?! –

Nino lo inseguì preoccupato e così facendo notò un piccolo strappo sulla maschera che indossava Du Prêt.

- Aoo…E che è sto coso?…Em bè? –

Indicò il punto dello strappo.

- Ma chi sei tu aoo? –

Du Prêt raccolse un rastrello da terra e lo spaccò sulla testa del romano. I cinque dobermann erano talmente viziati e golosi di carote, che continuarono a mangiare voracemente, senza curarsi minimamente di quanto accadeva intorno a loro.
Arsenio si ritrovò così all’interno della villa.Ora doveva solamente trovare l’archivio segreto di Ser Block, per iniziare il più velocemente possibile le sue ricerche.
La squadra di Bon fece ritorno in centrale con nuovi, importanti elementi, per le indagini in corso. Il ritrovamento più importante era stato il registro su cui Koller aveva annotato i nomi dei suoi fornitori e quelli degli acquirenti. Era stato il sergente Coyote a trovarlo, grazie al suo famosissimo istinto Navajos. Era materiale preziosissimo e Cooper si trovava già al lavoro, confrontando i nomi scritti da Koller con quelli in archivio nella centrale. Un fattorino entrò in ufficio, consegnandogli il rapporto di uno stranissimo incidente capitato in campagna nel primo pomeriggio di quel giorno.

- Sono occupato! -

Urlò stizzito il capitano.

- Spiacente capitano, ordini del comandante Bonner in persona, vuole un suo rapporto
immediato -

Il fattorino uscì velocemente dall’ufficio, lasciando il malloppo di fogli sulla scrivania di Cooper.

- Lo vedi con cosa ho a che fare tutti i santi giorni Billy! -

Dichiarò, indicando con disprezzo i documenti sulla scrivania.

- Tutti i giorni è così…Non basta che lotti con i criminali più crudeli di New York, devi
anche stilare rapporti su stupidi incidenti di campagna….Ma arriverà la pensione prima o poi! -

Mentre Bon si consolava bevendo del gelido caffè, nero come la notte, Cooper diede un’occhiata alla ricostruzione dell’incidente. Sembrava quasi divertirsi nel leggere l’impresa del trattore “Steppa d’acciaio”. Poi, notò un nome sospetto e volle confrontarlo con quelli inclusi nella lista di Koller. 

- Accidenti Bon! -

Esclamò.

- Questo Ser Block è uno degli acquirenti delle mercanzie spacciate da Koller -
- E chi sarebbe Ser Block? -
- La macchina coinvolta nell’incidente con il trattore è intestata a lui, però non hanno ancora trovato né l’autista né questo tale -
- La macchina viaggiava da sola? -
- Non ne ho idea, in ogni modo qui c’è segnato l’indirizzo della villa dove abita, dalla centrale hanno anche provato a telefonare ma la casa è isolata - 
Evidentemente, Arsenio, una volta entrato nella villa, come prima cosa aveva staccato i fili del telefono.

- Ci facciamo un giro? -

Domandò Cooper a Bon.

- Ti faccio notare, che sono quattro notti che in pratica non dormo -
- Allora un po’ d’aria fresca ti farà bene -
- Beato Coyote, almeno lui questa sera si è concesso il meritato riposo che spetterebbe anche a me -

Saltarono in macchina e Bon continuò a lamentarsi per tutto il viaggio, imprecando e sbadigliando. Contemporaneamente, Ciabatey era entrato nella villa di Du Prêt. Ora si aggirava nell’immenso salone in cerca di qualche indizio. Trovò una cartina geografica, che evidenziava la posizione dell’isola di Pula rispetto alle coste del Giappone. Un’onda d’odio lo pervase, la casa era giusta, adesso doveva trovare quel tipo e fargli sputare la verità. Perché aveva rubato quelle ciabatte? Qual era il suo vero scopo? Iniziò a perquisire la casa senza troppi riguardi. Arrivato alle cantine trovò il corpo di Ser Block. Dai documenti del cadavere capì di chi si trattava. Subito dopo, scoprì il laboratorio di Du Prêt e si rese conto che il ladro, molto probabilmente, aveva preso le sembianze della sua vittima. Non perse tempo e si diresse immediatamente verso la sua nuova meta: la villa di Ser Block.
Bon, intanto, era chinato sul cadavere di Nino.

- Chi può averlo ridotto così? -

Domandò al vecchio domestico della villa.

- E lo chiede a me? L’investigatore è lei -
- Ha ragione -
- Lo so! -

Rispose il saggio domestico. Subito dopo, i tre si diressero verso l’entrata di servizio della villa. Lì vi era una vetrata rotta.

- E qui? Chi è stato? -

Domandò di nuovo Bon.

- E lo chiede a me? Io non mi occupo di vetrate, ma solo di pavimenti -
- Ha ragione -
- Lo so! -

Rispose ancora il saggio domestico. Alle loro spalle, Cooper grugniva contrariato.

- Se io fossi un ladro, mi recherei subito nel luogo in cui Ser Block tiene gli oggetti 
preziosi -

Disse Bon ispirato.

- Sbagliato!… Se io fossi un ladro non saprei dove andare -
Gli rispose il vecchio.

- Come mai? -
- Perché sono un domestico, non un ladro -
- Ha ragione -
- Lo so! -

A questo punto Cooper esplose.

- Io vado avanti per conto mio! Non vi sopporto più…. Ci vediamo dopo -

Salì al piano superiore. Dopo aver ispezionato alcune stanze, Bon ed il domestico sentirono chiaramente il rumore di una vetrata infranta.

- Cosa diavolo succede ancora? -

Domandò istintivamente Billy.

- E io cosa ne so! -

Rispose stizzito il vecchio. I due si affrettarono nella direzione del rumore ed arrivarono nel grande atrio principale. Il domestico fece per accendere la luce ma non c’era corrente.

- Swisss! -

Sibilò nell’aria.

- Aaaahh! -

Urlò il domestico.

- I miei piedi!! –

Bon estrasse la 38 a tripla canna e fece fuoco in ogni direzione. Devastò completamente il locale. Il principio d’incendio che ne scaturì illuminò l’atrio, così ebbe modo di vedere, nitida, la figura di Tomaiashi Ciabatey. Le fiamme illuminarono il vistoso tatuaggio che portava sulla fronte.

- Okude… No!.. Ma questo chi è?! –
- Non lo so –

Rispose delirante, il mutilato domestico.

- So soltanto che non ho più i piedi –
- Lo so! –

Rispose un distratto Bon.

- Ma io sono un investigatore privato, non un medico –
- Ha ragione –

Sentenziò definitivamente il domestico, che poi svenne.
Tomaiashi e Bon ebbero il tempo di scambiarsi una minacciosa occhiata di sfida, dopo di che, per sfuggire alle fiamme, Ciabatey, infranse una nuova vetrata e scomparve nella notte. Bon trascinò il domestico fuori dall’atrio trasformatosi in un rogo. I piedi del vecchio saggio bruciarono inesorabilmente. Al piano superiore, Du Prêt stava trafficando nell’archivio di Ser Block. Con un colpo di fortuna, tra i vari libri contenuti in un enorme scaffale, gli capitò tra le mani un volume che in copertina portava la scritta: “Guida verso il lato orientale del cielo”. Il ladro si ricordò delle ultime parole dell’aristocratico e felice per la scoperta, si tenne il libro e si avviò velocemente verso l’uscita della minuscola stanza, ma proprio in quel mentre venne sgambettato da Cooper. I due finirono a terra ed iniziarono a rotolare divincolandosi. Il Capitano afferrò la faccia di Du Prêt e gli strappò di netto la maschera. 

- Ti ho scoperto, dannato ladro. Il mio amico Ted Lensen sarà contento di rivederti –

Solo a sentir pronunciare il nome di Ted Lensen, Du Prêt diventò una belva. Iniziò a colpire Cooper con violenti pugni sul viso. Nel corridoio, poco più lontano, un preoccupato Bon, stava chiamando l’amico Capitano a gran voce.

- La casa va in fiamme! Bisogna fuggire!! –

Dalla porta dell’archivio uscì Cooper imprecando.

- Quel dannato ladro mi è sfuggito. Ormai l’avevo in pugno! –
- Di chi parli? –
- Di quel gran ladrone di Arsenio Du Prêt, un ladro che terrorizza l’intero pianeta da anni. Ci sono uomini che stanno sacrificando l’intera loro vita nel tentativo di catturarlo. Almeno mi sono tolto la soddisfazione di gonfiargli la faccia di botte –
- Andiamo su! La casa è in fiamme e i domestici sono già tutti in salvo –
- Vai avanti tu, ho trovato nell’archivio alcuni documenti interessanti e vorrei recuperarli prima che vadano perduti –
- Ti aspetto! –
- E’ meglio che ti assicuri che siano tutti in salvo, io sarò un fulmine vedrai –
- Non commettere imprudenze, col fuoco non si scherza! –
- Io non scherzo mai! –

Bon rimase perplesso, poi però assecondò l’amico e si allontanò controllando di volta in volta le varie stanze del piano. Appena Billy fu lontano, Cooper si portò dinnanzi ad uno specchio ed iniziò a sistemarsi la maschera.

- Questo nuovo materiale è davvero fantastico, posso creare la faccia che voglio in 
pochi secondi. Meno male che io e il Capitano abbiamo circa lo stesso fisico, e meno male anche che quel Bon e veramente un tonto –

Dopo essersi sistemato, Du Prêt si avvicinò all’imbavagliato Cooper.

- Non preoccuparti, la tua ora non è ancora scoccata –

Lo buttò dalla finestra ed il Capitano atterrò pesantemente tra le aiuole di verze del povero Nino. Prima di andarsene, Bon e Cooper, si assicurarono dell’arrivo dei pompieri e dell’ambulanza per il povero, saggio, domestico mutilato. Affidarono, infine, la situazione al personale di servizio, e fecero ritorno in centrale.

- Che cosa hai trovato di tanto importante nella villa? –

Chiese Bon a Cooper mentre rientravano in auto.

- Forse il motivo della comparsa di quegli strani Samurai è nascosto qua dentro –

E sventolò il libro trovato nell’archivio di Ser Block.

- Tuttavia, per adesso questo volume è illeggibile, è scritto in modo incomprensibile, dovremo trovare un esperto in grado di tradurlo –
- Questo non sarà un problema, lo troveremo! –

Affermò deciso Bon. Il vero Cooper, intanto, giaceva tra le verze con un braccio spezzato ed una caviglia slogata. I cinque terribili dobermann lo avevano circondato e gli ringhiavano contro. Si vedeva ormai finito quando, come una furia arrivò Ciabatey, che in realtà mai aveva abbandonato la villa. Questi si accanì contro i cani dando vita ad un cruento combattimento. Si prese diverse morsicate ma riuscì ad eliminarli tutti, salvando il Capitano. A combattimento terminato, una luce azzurra invase la scena. I corpi dei dobermann svanirono e sul terreno Tomaiashi raccolse un prezioso Fushimi. Cooper era svenuto per il dolore e lo stupore. Poco più avanti, nel parco, gli ultimi pompieri stavano raccogliendo le attrezzature prima di ritornare alla loro sede. Ormai l’incendio era stato domato ed era ritornata la quiete che regnava solitamente in quel luogo. Ciabatey stava per caricarsi sulle spalle il corpo inerme di Cooper, quando una voce possente tuonò:




Fine terza parte

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 “ Il ladro di Piedi “