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Luccio
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Capitolo quarto.
Ripristinato il collegamento dopo la pausa pubblicitaria, il ponte
delle barche non esisteva più, ed i
barconi in cemento armato, scendevano trascinati dalla corrente verso
Pavia, con gli uomini che li occupavano
che venivano inghiottiti ad ogni metro dai mulinelli e dai gorghi.
Gli elicotteri della protezione civile si azionarono lanciando
scalette di salvataggio verso i disperati che
invocavano aiuto, e che venivano quasi subito ingoiati dal gigantesco
luccio, il quale balzando dalle acque
come un demone troncava vite su vite.
Fu un vero e proprio fallimento, e il disastro di Bereguardo sarebbe
stato ricordato come uno dei giorni più
neri della storia della Repubblica Italiana.
Le immagini della sciagura furono trasmesse per giorni dai vari
notiziari, e dibattiti televisivi si
moltiplicarono sulle reti nazionali, arrivando addirittura ad oscurare
il campionato di calcio che rischiò
d’essere sospeso.
Richiamate dalla curiosità, centinaia di persone invasero il “ ponte
della becca “, sicure di assistere al
passaggio del luccio che ormai si dirigeva inesorabilmente verso il
Po.
- Attenzione, non spingete !
Urlavano gli agenti delle forze dell’ ordine, cercando di contenere
quella folla avida di emozioni forti.
- Là guardate !
Gridò uno dei tanti ragazzini che avevano bigiato la scuola per
assistere all’ evento.
Un’ onda gigantesca anticipava di poco due barconi di cemento armato,
fra i quali, spiccava a pelo d’ acqua
un’ enorme schiena nera: era il luccio !
- Aaahh !!
Urlò un uomo precipitando dal ponte in sella alla sua bicicletta, e
che al volo venne inghiottito dal
terribile pesce.
Davanti agli occhi sbigottiti di tutti i presenti, ammutoliti dal
terrore, il luccio con un poderoso colpo di
coda balzò fuori dal letto del fiume con tutto il corpo, arrivando a
sfiorare la sede stradale del ponte. Il
panico si diffuse a macchia d’olio, ed i più deboli furono calpestati
senza ritegno dai fuggiaschi.
Terminato quello scempio, le ambulanze raccolsero decine di feriti, e
molte persone risultarono disperse.
Disperati per quella situazione, gli agenti della Protezione Civile,
decisero di contattare il famigerato
Marzapane di Motta Visconti, l’unico uomo che poteva rintracciare
Giorgio Tronchi.
Il pescatore si premurò di intascare prima un cospicuo acconto,
dopodiché l’operazione scattò, con il
Professor Di Savona che mise a disposizione la sua imbarcazione e
tutta l’attrezzatura da ricerca marina di
cui disponeva.
Le critiche dello stravagante Tronchi non si fecero attendere:
- A me basta questa !
E mostrò spavaldo la sua doppietta caricata a pallettoni.
- Gli sparo a bruciapelo due castagne di queste, e vedrete che fine
farà il vostro pesce!
Continuò sventolando una manciata di grosse cartucce. Ai due, si
aggiunse anche l’agente della Forestale
Martino Pavesi.
- Par mi a sarà no insì facil ciapà chel pes lì !
Di Savona sorvolò ancora una volta, non capendo una sola parola di
quello strano dialetto, mentre Tronchi,
invece, commentò con disprezzo:
- Sulla mia barca si parla in Italiano, hai capito !?
- Veramente sarebbe la mia…
Precisò il Professore.
- Non adesso…
E nel dire questo caricò l’arma, mettendo in moto il piroscafo.
Seguendo le ultime segnalazioni, i tre iniziarono a navigare verso il
Po, e quando fu il tramonto, Tronchi
fiutò che qualcosa non quadrava.
- Sentite, per me è tornato indietro…
- Oh porc…
Imprecò Pavesi, mentre Di Savona s’ impuntava:
- Non sia ridicolo, l’ avremmo visto !
- Voi fate quello che volete…Io adesso scendo e ritorno sul Ticino…
- Ma è inammissibile !
Si alterò il Professore, che poi continuò:
- Lei ha accettato del denaro pubblico per occuparsi di questa
faccenda ! Non può ora agire di testa
sua senza considerare nessuno ! Noi chi siamo !?
- Non siamo sul mio fiume ne tanto meno sulla mia barca… Io me ne
vado!...
Senza aggiungere altro e dopo aver calato una scialuppa, si allontanò
cantando una sconcia canzonetta con la
sua voce rauca da pescatore usurato dall’ umidità: di lui non si seppe
più nulla.
- Lasel andà chal scemo lì !
Fu la seconda cosa che disse Pavesi dal momento della partenza.
Il Professor Di Savona, dal canto suo, ignorò quel commento per lui
oscuro e continuò la manovra per
accostare alla riva.
- Noi adesso ci fermiamo qui e ci andiamo a fare una bella
dormita…Riprenderemo le ricerche domani…Lei
cosa ne dice Pavesi ?
- Per mi va ben tuscoss !
Non capendo per l’ ennesima volta il significato delle parole di
Pavesi, il Professore si limitò ad annuire
ed a soprassedere, dopodiché il luccio balzò fuori dalle acque melmose
e fu una morte atroce per entrambi.
Quando il piroscafo fu ritrovato deserto, il terrore iniziò a
diffondersi fin sulle rive dell’Adriatico.
- Non abbiate timore…
Stava rassicurando il Prof.Teodoro Locquaccheri, intervistato durante
una trasmissione scientifica.
- Il luccio non è abituato all’acqua salata, e se raggiungerà il mare
morrà sicuramente ! Le nostre
spiagge sono sicure…
A suo sostegno intervenne anche un Capitano della Marina, l’ Italo –
Americano George Trombetti, il quale
assicurò:
- In ogni caso, dieci navi da guerra sono schierate alle foci del Po !
Se il Presidente della
Repubblica me lo ordina io faccio fuoco !
Poco prima del termine prese la parola il professor Giorgio Tuttogambe
della prestigiosa Università di
Boscolo Cisa.
- Sono molto preoccupato per la qualità dell’acqua che scorre nei
fiumi italiani…
Esordì con la sua vocina sapiente da uomo abituato agli ambienti
chiusi.
- … In seguito alle mie ultimissime ricerche ho scoperto che il trenta
per cento della nostra rete
fluviale è destinato a scomparire nel volgere di pochi anni… E non è
tutto: il restante sessanta per cento
sarà talmente inquinato da produrre pesci aggressivi e smisurati come
quello con cui abbiamo a che fare
adesso…
- Cosa ne sarà del dieci per cento mancante?
Osò domandare il conduttore.
- Queste domande sono da porre ai matematici!... Cosa volte che
interessi a me il dieci o il cinque per
cento… Ma per chi mi avete preso?!
Locquaccheri cercò di mediare ma l’imbestialito Tuttogambe si alzò con
un diavolo per capello.
- E’ colpa vostra se siamo conciati così!... La televisione e i
conduttori come lei sono la rovina
della nostra nazione, per non parlare di questi suoi ospiti
incompetenti e antipatici…
A seguito di quell’infelice commento s’attivò il muscoloso Trombetti,
ma il tutto venne nascosto ai
telespettatori dalla sigla finale, cantata dal celebre tenore della
Scala Francesco Solfeggio.
Nei giorni seguenti, le navi attraccate alla foce del Po attesero
invano, perché il luccio non la raggiunse
mai.
Il pesce rimase addirittura inattivo per diversi mesi come se fosse
scomparso nel nulla, e celandosi dietro
ad una coltre di mistero pari a quella del mostro di Lochness o dello
Yeti.
Durante una triste giornata nebbiosa, nel paesello di Chegrona Pavese
si commemoravano le vittime cadute
sotto gli assalti dell’implacabile luccio. In quell’atmosfera carica
di dolore, venne ricordato su tutti il
vecchio parroco Don Carlo Rebattoni, e perfino il fuggiasco Alfredo
Pocaerba, che dopo la fuga dal reparto
criminale del Mondino, in compagnia del famigerato Piercinzione, non
aveva dato più notizie di sé.
Però, anche se tutti lo consideravano morto, la realtà era ben
diversa…
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