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Luccio
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Capitolo quinto.
- Ha che ora hai intenzione di tornare stasera ? Così metto su la
pasta…
Domandò il redivivo Pocaerba al suo compare Piercinzione, mentre
questi si caricava sulle spalle un pesante giogo da bue.
- Lo sa il fattore quando torniamo ! Non continuare tutti i giorni a
fare la stessa domanda ! Lo sai che io mi irrito facilmente !
- Quante storie per andare a far finta di lavorare !
Il rude Duilio sputò per terra e poi se ne andò senza nemmeno
considerarlo.
Dopo la loro fuga, i due evasi avevano trovato rifugio presso un
cascinale sulle rive del Ticino, dove gli ignari proprietari li
avevano assunti come uomini di fatica.
Entrambi si erano subito adattati a quella nuova vita, e di tutta la
vicenda del luccio conoscevano solo le poche notizie frammentarie
giunte fin lì.
Anche quel mattino, dopo aver salutato il suo nuovo amico Piercinzione,
Alfredo si recò nella stalla per contribuire alla consueta mungitura.
Fu lì, che da un covone di paglia, fuoriuscì un individuo dall’
aspetto trasandato e lo sguardo allucinato.
- Qualcuno può dirmi chi sono !? Io non ricordo più nulla !
Pocaerba lo riconobbe subito: si trattava dello scomparso Don Carlo
Rebattoni, che scalzo avanzava verso di lui come un automa.
- Figliuolo, dimmi se il mio volto ti rammenta qualcosa del mio
passato…
- Ma certo, lei è Don Carlo Rebattoni ! Tutti noi la pensavano vittima
del maledetto luccio!... Come ha fatto a salvarsi?...
A quelle parole, la memoria dell’anziano parroco ritornò viva e
pulsante.
- Grazie amico mio ! Ho ritrovato me stesso !
Il prete abbracciò felice Alfredo, sotto gli occhi confusi degli altri
lavoranti.
Davanti al suo vecchio parroco, il Pocaerba riprese a parlare il
dialetto a lui tanto caro.
- Sciur prevost, ma alura al lusc l’ ha risparmià !
- Caro il mio Pocaerba, abbiamo a che fare con un essere demoniaco !
- Ma sal voeur dì con chi parol chi !? Alura l’ è no un pess !?
A quella domanda, sbucò sulla porta della stalla il fattore Pierangelo
Bertolaso, coi suoi dentoni storti e l’ immancabile frustino in nerbo
di bue tra le mani.
- Alura ! Chi sa laura o sa tra via al fià par nient !?
- Sa ghè !? Sa poeu nanca fermas un attim adess !?
Ribatté un lavorante che stava seguendo la discussione tra i due, il
quale venne subito raggiunto da una scudisciata in piena schiena.
- T’è vist cume trati mi i robb moll cume ti !
E partì anche un’ indicibile bestemmia che costrinse Don Rebattoni ad
inginocchiarsi sfoderando il rosario.
- Vada subito in chiesa a chiedere perdono al Signore ! E si rammenti
che chi tratta male il prossimo…ehm…ora non ricordo perché mi fa male
la testa…Le rammento però che la bestemmia è peccato ! Dunque si penta
!
Il fattore tentennò per alcuni istanti e poi cadde in una crisi
mistica, che lo condusse fino alle lontane missioni del Sud America.
Quella sera al suo ritorno, Duilio Piercinzione conobbe Don Carlo
davanti ad un piatto fumante di maccheroni al ragù, salatissimi e
cucinati dal Pocaerba, il quale, di fronte a lui riprese a parlare in
Italiano.
- Continui pure il discorso che aveva iniziato oggi padre…
- Stavo dicendo che il luccio, a mio parere, è una manifestazione
demoniaca ! Forse è solo pregando che si può sperare di distruggerlo !
Piercinzione scoppiò in una prorompente e volgare risata di scherno.
- Pregare è inutile ! Se ora io prendessi la sua testa fra le mie mani
e cominciassi a stringere, caro il mio prete, non ci sarebbe nessuna
preghiera al mondo in grado di salvarla !
- Duilio, non essere scortese con Don Rebattoni che è così una brava
persona !
- Caro figliuolo io resto senz’ altro della mia idea: la forza fisica
non è nulla a confronto della forza dello spirito !
La discussione continuò per ore, dopodiché, sfiniti, i tre si
addormentarono sul morbido letto di paglia che offriva il fienile che
li ospitava.
A notte fonda però, una mano pesante e callosa svegliò improvvisamente
Don Carlo.
- Don Carlo…sono il Piercinzione…
- Cosa succede figliuolo, stai male ?
- Sì, mi duole la coscienza…Dopo le sue parole di stasera sento
qualcosa dentro che brucia ! Mi dica come posso spegnere questo fuoco
che arde !
Il navigato prete, cercò di mettere a suo agio quell’anima turbata che
aveva bisogno di aiuto.
- Innanzitutto devi liberarti dei tuoi peccati confessandoli a
me…Vedrai che poi ti sentirai molto meglio…
Piercinzione sfoderò tutti gli orrendi delitti compiuti, compreso
quello del panettiere di Borgotuorlo, lasciato morire di fame dentro a
un silos, e poi macinato come mangime per le galline di alcuni suoi
ignari parenti.
- Dio mio che orrore !
Furono le ultime parole di Don Carlo, prima di essere colto da un
malore che per poco non lo uccise. Poco dopo, mentre Pocaerba cercava
di rianimare il sacerdote, Piercinzione iniziò ad aggirarsi
nervosamente nei paraggi, rammaricandosi di non aver ricevuto l’
assoluzione.
- Ma si può sapere cosa gli hai fatto !?
- Mi sono confessato ! E allora !?
- Ma quest’ anima benedetta non può reggere simili colpi !
- Io devo essere assolto al più presto, altrimenti la mia anima
continuerà a bruciare ! Sto bruciando vivo, lo capisci !?
Quando l’ uomo di Dio riprese i sensi, Piercinzione tolse di mezzo
Pocaerba con un destro dei suoi, e poi insistentemente iniziò a
chiedere l’ assoluzione promessa.
- Figliuolo, tu puoi ancora rimediare ai tuoi peccati ma…solo con il
sacrificio, e con la dimostrazione di un vero pentimento…
- Ma insomma cosa devo fare io !? Se c’è da ammazzare qualcuno lo dica
presto !
- E’ proprio questo il tuo difetto ! Sei troppo impulsivo !…Gesù ci ha
insegnato la serenità del perdono e della pace, nonché l’ importanza
di sacrificarsi per il prossimo… Non bisogna mai uccidere, ma se
necessario, dobbiamo noi dare la vita per gli altri ! Se riuscirai a
fare questo, il tuo nome verrà ricordato per sempre come quello di un
uomo giusto, e non come quello di un criminale !
Gli occhi di quell’anima forse ritrovata s’ illuminarono come due fari
nella notte, e dopo aver ringraziato Don Carlo, Duilio si allontanò
incamminandosi nell’oscurità.
L’ indomani, Pocaerba fu svegliato di soprassalto, dallo sbraitare di
alcuni contadini agitati.
- Gne a ved ! Ghe vun che’l galegia in mes al Tesin, brassà su a d’una
damigiana da vin!
Ancora in mutande, Alfredo svegliò anche Don Carlo, e poi insieme
seguirono velocemente il corteo di curiosi.
Giunti sulle sponde del fiume, tutti videro nientemeno che il
Piercinzione, che avvinghiato a una damigiana di vino chiamava a gran
voce il luccio, spronandolo a fare scempio della sua carne indegna.
In quegli attimi di tensione, mentre la gente chiamava a gran voce
Duilio per convincerlo a tornare a riva, sopraggiunse tutto trafelato
Sergio il “Vinat”, ovvero, colui che riforniva tutte le osterie della
zona.
- Chel scemo là, l’ è vegnù a ca mia stanott e al m’ha minacià !
- Spiegati meglio figliuolo…
Intervenne il preoccupato Don Carlo.
- Al m’ ha di da preparag una damigiana da vin avvelenà, se no al ma
bruseva tuscoss ! Mi pensevi che al vureva massà un quei cristian, e
invece tel là, al gheva un’ altra idea !
Don Rebattoni trasalì.
- Quello stupido non ha capito una parola di ciò che gli ho detto
questa notte ! Possibile che debba sempre esagerare in tutto quello
che fa !?
- Ma cosa sta dicendo padre !?
Lo interruppe il Maresciallo Dedotto, chiamato sul posto per tentare
il recupero del Piercinzione.
- Lasciatemi fare !
Il prete si avvicinò alla riva, e poi si portò le mani alla bocca per
chiamare lo scellerato Duilio.
- Hai preso troppo alla lettera le mie parole ! Io intendevo un tipo
di sacrificio più quotidiano e umile ! Il tuo è un inutile eroismo !
Udite quelle sagge parole, Piercinzione non ci pensò due volte e
abbandonata la damigiana, guadagnò con ampie bracciate la riva, dove
subito pestò un Carabiniere intenzionato ad infilargli le manette.
- Io con la Chiesa ho chiuso !
Sentenziò appena catturato da una ventina di uomini.
Poco dopo, un’ambulanza portava Don Carlo al S.Matteo di Pavia colto
dall’ennesimo malore, e un cellulare dei Carabinieri prelevava il
pluri omicida Duilio Piercinzione per rinchiuderlo nel carcere di
Opera.
Nel frattempo, dal fiume cominciarono ad affiorare decine di pesci
morenti, e si seppe che la damigiana contenente il veleno si era
dunque aperta.
Tra i vari pesci morti emerse anche il luccio. FINE
Avete letto: “ Luccio “
Di: Paolino e Bisso
( Duramente partorito nell’ Agosto del 2005 )
Si ringraziano il Naviglio, la Statale dei Giovi, l’ Acquario di
Genova, il Mondino di Pavia, il Policlinico S.Matteo di Pavia, l’ Arma
dei Carabinieri, i Comuni di Pavia, Casteggio e Vigevano, la Regione
Lombardia, il “ Ponte delle Barche “ di Bereguardo, il “ Ponte della
Becca, il carcere di Opera, il vino, il Luccio e i pesci tutti…
2005-09-11
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